Alfa 1-antitripsina: valori normali, cause del deficit e terapie

L’alfa 1-antitripsina (AAt) è una glicoproteina molto importante prodotta dal fegato, dai macrofagi e dalle cellule del nostro epitelio polmonare che svolge funzioni molto importanti a livello polmonare.

Infatti, inibisce le funzioni dell’elastasi e proteasi neutrofila che, se attivata, è capace di danneggiare profondamente gli aveoli polmonari predisponendoci ad un aumento dell’incidenza di enfisema polmonare.

Sostanzialmente svolge un ruolo protettivo evitando che l’attivazione di questi enzimi vadano a danneggiare i nostri tessuti.

Nella guida di oggi analizzeremo le tre casistiche che possono interessare i valori di alfa 1-antitripsina: aumento, diminuzione e deficit.

I valori normali

I valori di riferimento dell’alfa 1-antitripsina sono compresi tra:

  • 80-200 mg/dL negli adulti;
  • 105-190 mg/dL nei bambini.

Questi valori possono essere facilmente influenzati da stress intenso, attività fisica, patologie polmonari e uso dei contraccettivi ormonali che fanno aumentare il suo valore sanguigno.

Pertanto, prima di sottoporsi al suo dosaggio è bene sospenderne l’assunzione per almeno 24 ore prima di effettuare il prelievo.

Quando possono aumentare i valori

I casi in cui il nostro corpo produce più alfa 1-antitripsina sono da ricondurre a tutta una serie di situazioni in cui l’organismo ha la necessità di doversi difendere da tutti quei fattori che possono danneggiare i nostri tessuti, come ad esempio:

  • infezioni batteriche e virali;
  • processi infiammatori;
  • piccole ustioni;
  • alcune forme tumorali come l’epatoma;
  • terapie estrogeniche.

Inoltre, segnaliamo anche casi assolutamente fisiologici in cui le concentrazioni nel sangue di questa proteina possono aumentare. Ad esempio, nel terzo trimestre di gravidanza i suoi valori aumentano per poi tornare alla normalità.

Quando possono diminuire

I casi in cui i valori di questa proteina possono diminuire sono i seguenti:

  • gravi perdite di proteine come accade nelle ustioni che interessano parti del corpo molto estese;
  • patologie epatiche;
  • patologie renali.

Inoltre, il deficit congenito che approfondiremo a brevissimo è un’altra delle cause molto frequenti dell’abbassamento dei valori di questa proteina.

Deficit dell’alfa 1-antitripsina: cos’è e cosa comporta?

Il deficit di questa proteina può colpire indistintamente uomini e donne in quanto si tratta di una malattia genetica che viene ereditata con un meccanismo autosomico codominante. Le manifestazioni della sua carenza sono visibili a livello epatico, polmonare oppure interessare entrambi gli organi nei casi più gravi.

Il deficit si manifesta quando si ha una mutazione puntiforme nel gene che codifica per questa proteina. Il risultato è che si produce una proteina non correttamente conformata (misfolding) che si accumula all’interno del fegato. Questo meccanismo è stato descritto in questo articolo scientifico.

Gli effetti del deficit di alfa 1-antitripsina sono i seguenti:

  • epatite ed eventuale cirrosi epatica causata dall’accumulo di proteine non funzionanti nelle cellule del fegato;
  • danno ai polmoni.

Quest’ultimo effetto è dovuto al fatto che la mancanza nel circolo sanguigno di questa proteina causa la mancata attivazione delle elastasi dei neutrofili i quali iniziano ad effettuare una vera e propria distruzione del parenchima polmonare causando enfisema.

Questa distruzione provoca l’inevitabile perdita di tessuto polmonare che serve appunto per respirare.

Le principali complicazioni della mancanza della alfa 1-antripsina sono l’enfisema polmonare e la cirrosi epatica che si manifestano con segni e sintomi caratteristici.

L’enfisema polmonare consiste nella distruzione delle pareti alveolari che consentono gli scambi gassosi di ossigeno ed anidride carbonica con l’esterno. Inoltre, si verifica una perdita progressiva dell’elasticità del tessuto polmonare il che rende molto difficoltoso l’atto respiratorio.

I sintomi che si possono riscontrare in questi casi sono soprattutto dispnea (continua sensazione di affanno) ed incapacità ad espellere l’aria una volta inspirato.

Questi sintomi, generalmente, compaiono verso i 30-40 anni d’età è la dispnea, che in un primo momento si manifesta solo in caso di sforzi fisici, inizia pian piano a fare la sua comparsa anche quando si è a risposo.

Anche tosse, respiro sibilante, produzione di muco, infezioni batteriche si associano alla dispnea.

Il fegato, l’altro organo interessato dal deficit di alfa1-antripsina che si ammala quando viene prodotta una forma anomala di questa proteina.

Il fegato, come abbiamo detto all’inizio dell’articolo, è l’organo principale che la produce ma se essa viene prodotta in forma alterata gli epatociti non sono in grado di trasferirla nel sangue.

Questo provoca il suo accumulo nel loro citoplasma che si gonfia fino a provocare la perdita della funzionalità cellulare e conseguente morte per necrosi. Mentre per l’enfisema polmonare è possibile evidenziare sintomi specifici, per l’epatopatia no.

Infatti, ci si accorge di questa insufficienza dopo aver eseguito degli esami di laboratorio di routine.

Come avviene la diagnosi?

Se il medico sospetta la presenza di deficit di alfa 1-antitripsina, la prima cosa che farà è quella di indirizzarvi presso un centro specializzato per la rivelazione di queste mutazioni genetiche.

Questo esame è indicato in alcune fasce particolari di pazienti nei quali il rischio di complicazioni è molto elevato:

  • pazienti con storia di BPCO (broncopneumopatia cronico ostruttiva) o enfisema polmonare comparsi dai 30 anni in poi;
  • altre patologie polmonari come asma, pneumotorace, bronchiettasie;
  • epatopatia cronica o cirrosi epatica non provocata da virus o da alcool;
  • transaminasi elevate;
  • bambini che hanno sofferto di problemi al fegato alla nascita;
  • storia di deficit di alfa 1-antripsina in parenti di primo grado (figli, genitori, fratelli e sorelle).

In genere il sospetto nasce dal fatto che il paziente non risponde più ai trattamenti per la cura e la gestione di asma ed altre problematiche respiratorie.

La valutazione clinica viene effettuata mediante un prelievo di sangue che servirà per misurare il quantitativo di alfa 1-antitripsina presente nel sangue.

In associazione è possibile eseguire anche una TC al torace, un’ecografia epatica ed una risonanza magnetica per valutare il grado di danneggiamento epatico.

Trattamento

Per sopperire alla mancanza dell’alfa 1-antitripsina è possibile somministrarla esternamente mediante una trasfusione di plasma umano.

Le infusioni vengono generalmente effettuate con cadenza settimanale o bisettimanale ed eseguite in centri specializzati per questo tipo di problemi.

In alcuni pazienti è raccomandata la riduzione del volume polmonare attraverso un intervento chirurgico mentre per altri è possibile l’impianto di particolari valvole endobronchiali che hanno lo scopo di ridurre la trappola d’aria che si manifesta a causa dell’enfisema.

Nei casi più gravi ed avanzati, si può arrivare al trapianto di polmone che riesce a raddoppiare i tassi di sopravvivenza nei pazienti con genotipo ZZ.

Anche il trapianto di fegato può essere necessario per bloccare le alterazioni a carico di questo organo.

Fonti:

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