Tempo di Tromboplastina Parziale Alto e Basso: Dosaggio e Valori Normali

Che cos’è il tempo di tromboplastina parziale? e il tempo di tromboplastina parziale attivata? A che cosa servono questi due esami? Quando vengono prescritti? Quali sono i valori normali? Che succede quando i nostri valori non rientrano nella norma?

In questo articolo parleremo di uno dei tanti parametri che si possono misurare con un semplice prelievo di sangue e che ci fornisce informazioni utili sul nostro stato di salute. Andiamo quindi a vedere insieme che cos’è il tempo di tromboplastina parziale e il tempo di tromboplastina parziale attivata. 

Che cos’è il tempo di trombopastina parziale? E il tempo di tromboplastina parziale attivata?

La coagulazione del sangue è una delle funzioni più importanti del nostro organismo in quanto, senza di essa, saremmo soggetti a delle continue emorragie che potrebbero essere anche fatali.

Il tempo di tromboplastina parziale e il tempo di tromboplastina parziale attivata (conosciuti anche come PTT o aPTT), servono proprio a fare una valutazione di quanto impiega il nostro sangue a coagulare.

L’unica differenza tra questi due esami risiede nel fatto che, nel tempo di tromboplastina parziale attivata viene inserito un particolare attivatore che ha la funzione di accelerare il tempo di coagulazione del sangue. In questo modo, l’intervallo di riferimento è più facile da interpretare perché meno ampio.

In parole più semplici, possiamo dire che il tempo di tromboplastina parziale attivata è più sensibile del semplice tempo di tromboplastina parziale. Per questo motivo, l’aPTT viene usato più frequentemente per il monitoraggio della risposta dell’individuo alla terapia a base di eparina.

Andiamo quindi a vedere nel corso del nostro articolo come funzionano questi esami, quando vengono richiesti dal medico e, soprattutto, cosa succede se il nostro referto riporta dei risultati alterati.

Come funziona questo tipo di esame?

Intuibilmente, visto che si tratta un parametro che viene valutato attraverso un’analisi del sangue, per fare l’esame del tempo di tromboplastina parziale è necessario sottoporsi ad un prelievo ematico che viene fatto generalmente da una vena del braccio.

In linea di massima possiamo dire che questo esame non ha bisogno di alcuna preparazione in particolare anche se è necessario tener conto dei possibili fattori che possono influenzarne l’esito per avere dei risultati più veritieri possibile.

Proprio a causa dei fattori che influenzano il test, di cui parleremo meglio più avanti, il medico può consigliarti di presentarti in sede di esame a digiuno.

Quando viene richiesto l’esame del tempo di tromboplastina parziale?

Così come accade per qualsiasi altro tipo di esame, anche nel caso del PTT o del aPTT, il medico avrà i suoi motivi per sottoporti ad essi. Solitamente i motivi più comuni per cui il medico ti prescrive l’esame del tempo di tromboplastina parziale sono quelli citati in seguito:

  • Nel caso in cui sul tuo corpo dovessero formarsi dei lividi in modo troppo frequente, senza una causa apparente ben precisa;
  • Per fare una valutazione dell’efficacia di una eventuale terapia a base di farmaci, ad esempio per l’eparina;
  • Nel caso in cui sei frequentemente soggetto a delle emorragie dalle cause non accertate;
  • Ricorrenza di aborti spontanei;
  • Prima di sottoporti ad un intervento chirurgico;
  • Quando sospetta che se affetto dal Lupus Eritematoso Sistemico;
  • Per avere un quadro completo della coagulazione del tuo sangue;
  • Episodi di trombosi ricorrenti;
  • Prima di fare un’anestesia;
  • Quando sospetta la presenza della sindrome antifosfolipidi;
  • Per fare una valutazione dell’integrità della via comune e di quella intrinseca.

Infatti, l’esame del PTT ci da la possibilità di andare a ricreare in modo decisamente più semplice, uno dei processi di coagulazione in provetta, ossia della via intrinseca. Questo accade per verificare, appunto, la velocità con cui questo processo avviene.

Proprio per questo motivo, l’esame del PTT viene spesso associato al tempo di protrombina, anche conosciuto PT, che ha lo scopo di misurare la via estrinseca, ossia tutte le reazioni diverse a quella intrinseca, ma, comunque, coinvolte nel processo della coagulazione del sangue.

Quali sono i valori di riferimento?

Prima di parlare dei valori di riferimento di questo esame, è necessario ricordare che ogni laboratorio può avere dei valori che differiscono da quelli di un altro, di conseguenza ti consigliamo di fare affidamento solo ed esclusivamente a quanto è riportato sul tuo referto.

Detto questo, posiamo affermare che i valori che sono generalmente ritenuti normali per il PTT e per l’aPTT, sono i seguenti:

  • PTT: 60-70 secondi;
  • aPTT: 30-40 secondi.

Cosa succede se i nostri valori non rientrano nella norma?

Ovviamente, nel momento in cui sulle nostre analisi del sangue compaiono dei valori più alti o più bassi dei normali, è il caso di rivolgersi al medico perché faccia una valutazione ben precisa della nostra situazione.

Come prima cosa devi tenere a mente che, i valori del PTT e dell’aPTT che rappresentano una vera e propria emergenza medica sono i seguenti:

  • PTT: valori più alti dei 100 secondi;
  • aPTT: valori più alti di 70 secondi.

Più precisamente, quando aPTT è più alto del normale, vuol dire che il nostro sangue coagula più lentamente, ad esempio come accade quando il paziente è sotto terapia a base di farmaci che inibiscono proprio la coagulazione sanguigna, ad esempio l’eparina.

Invece, se l’aPTT è più basso del normale, significa che il sangue coagula facilmente e con una certa velocità. In questo caso, l’abbassamento potrebbe essere stato determinato anche dalle seguenti condizioni:

  • Una trombofilia;
  • La presenza di una emorragia;
  • La presenza di una massa tumorale.

Nel caso opposto, ossia quando i valori sono eccessivamente alti, l’aumento può essere stato causato dalle seguenti condizioni:

  • Una carenza di vitamina K;
  • Una deficienza di fattori della coagulazione;
  • La malattia di Von Willebrand;
  • Abrifinogenemia;
  • La presenza di una cirrosi;
  • Dei danni al fegato;
  • L’emofilia;
  • Un recente intervento al cuore;
  • Una trasfusione autologa;
  • L’ipoprotrombinemia;
  • La coagulazione intravascolare disseminata;
  • Un distacco della placenta;
  • Una condizione di malassorbimento;
  • Terapia a base di eparina;
  • L’emodialisi;
  • La disfibrinogemia.

Ne deriva che sarà poi il medico a fare tutte le indagini ulteriori che ritiene opportune per trovare la causa precisa del tuo problema. Senza dimenticare che, in ogni caso, le analisi devono sempre essere interpretate dal medico o, comunque, da uno specialista.

Ci sono dei fattori che possono influenzare l’esame?

Così come accade per tanti altri esami, anche in questo caso possono subentrare dei fattori che influenzano l’esito del test. Tra questi ricordiamo soprattutto i rimedi farmacologici, soprattutto quei medicinali che non necessitano la prescrizione del medico.

Come abbiamo già detto in precedenza, alcuni medici richiedono di presentarsi a digiuno in sede d’esame. Questo perché la quantità di grassi che si trova nel sangue (determinata appunto dal cibo) può influenzare l’esito dell’esame.

Anche l’eparina influenza l’esito del PTT, così come diversi tipi di antistaminici, i salicilati, come l’aspririna, l’acido ascorbico e la clorpromazina. Per questo ti consigliamo sempre di informare il tuo medico prima dell’esame nel caso in cui stai assumendo dei farmaci.

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