Azitromicina non è efficace contro COVID-19: cosa dicono gli studi

Nella giornata di oggi numerosi giornali hanno riportato la notizia per cui le farmacie non sarebbero più provviste di scorte del farmaco con principio attivo azitromicina, a causa dell’aumento della richiesta per l’incremento dei contagi da COVID-19.

L’azitromicina rientra tra i principi attivi considerati e oggetto di studi fin dall’inizio della pandemia per la valutazione di un’eventuale efficacia contro la COVID-19, pur non essendo un farmaco antivirale, bensì un antibiotico impiegato nel trattamento di molti batteri gram-negativi.

A due anni dall’inizio della pandemia, cosa dicono gli studi di efficacia di questo principio attivo nelle infezioni da SARS-CoV-2? Il principio attivo è davvero incluso nei protocolli di cura domiciliari e ospedalieri dei malati COVID-19? Davvero una scarsità di principio attivo potrebbe rendere più difficoltoso il trattamento dei malati?

Vediamo per cosa si utilizza l’azitromicina, cos’è emerso nei trial di utilizzo in pazienti COVID e cosa prevedono i protocolli di cura dei pazienti con COVID-19.

Azitromicina: cos’è e per quali infezioni si impiega

L’azitromicina è un antibiotico appartenente ai macrolidi, termine con il quale si indicano i composti chimici che presentano macrocicli molecolari composti da 12 termini (fonte). Commercializzato a partire dagli anni ’80 con il nome di zitromax® prodotto da Pfizer e disponibile ormai da anni anche come generico, si impiega nel trattamento di un gran numero di patologie causate da batteri gram-negativi, come ad esempio:

  • Clamydia;
  • Legionella;
  • Haemophilus;
  • Mycoplasma;
  • Steptococco;
  • Moraxella;
  • Micobatteri;

Gli agenti patogeni sopra citati sono causa di infezioni alle vie aeree superiori e inferiori, infezioni della cute, uretriti non gonococciche e infezioni dei tessuti molli. Il farmaco si assume per via orale, con dosaggio raccomandato di 500 mg giornalieri per 3 giorni consecutivi (fonte).

Perché si era pensato all’azitromicina per curare un’infezione virale

All’inizio della pandemia, sono stati tentati numerosi approcci terapeutici per curare i pazienti colpiti da polmonite, ricorrendo ai farmaci già conosciuti. Ben sappiamo che gli antibiotici vengono utilizzati per il trattamento di infezioni batteriche e non hanno azione sulle infezioni virali. In caso di infezioni virali, l’utilizzo di antibiotico può essere prescritto dal medico che verifichi la presenza di infezioni sovrabatteriche.

Perché quindi considerare l’azitromicina nel trattamento delle infezioni da SARS-COV-2?Oltre all’azione antibatterica precedentemente descritta, l’azitromicina (AZM) ha dimostrato proprietà antinfiammatorie e proprietà antivirali dimostrate in vitro.

AZM riduce la replicazione in vitro di diverse classi di virus tra cui rhinovirus, influenza A, virus Zika, Ebola, enterovirus e coronavirus, attraverso diversi meccanismi. AZM migliora l’espressione dei recettori di riconoscimento dei pattern antivirali e l’induzione delle risposte antivirali dell’interferone di tipo I e III. Rilevante per la grave malattia da coronavirus-19 (COVID-19), caratterizzata da una risposta infiammatoria innata eccessivamente esuberante, l’AZM ha anche proprietà antinfiammatorie tra cui la soppressione di IL-1beta, IL-2, TNF e GM-CSF. L’AZM inibisce le cellule T inibendo la segnalazione della calcineurina, bersaglio dell’attività della rapamicina nei mammiferi e l’attivazione di NFκB. L’AZM prende di mira in particolare i granulociti dove si concentra notevolmente nei lisosomi, influenzando in particolare l’accumulo, l’adesione, la degranulazione e l’apoptosi dei neutrofili. (fonte)

Secondo quanto riportato da AIFA nella prima parte del report sull’utilizzo del farmaco nei pazienti COVID:

Esistono prove che i macrolidi esercitino effetti benefici nei pazienti con malattie polmonari infiammatorie oltre alla loro capacità di inibire la replicazione dei batteri patogeni. Studi in vitro e in vivo hanno dimostrato che i macrolidi mitigano l’infiammazione e modulano il sistema immunitario; in particolare essi si sono mostrati in grado di causare la downregulation delle molecole di adesione della superficie cellulare, ridurre la produzione di citochine proinfiammatorie, stimolare la fagocitosi da parte dei macrofagi alveolari e inibire l’attivazione e la mobilizzazione dei neutrofili. Il meccanismo con cui i macrolidi esercitano questi effetti antinfiammatori e immunomodulatori non è ben noto.

I macrolidi, in particolare l’azitromicina, sono stati precedentemente usati per trattare altre infezioni virali, incluso uno dei tre casi gravi di MERS-CoV, sebbene fossero assenti dati di studi randomizzati controllati per il suo utilizzo in qualsiasi malattia da coronavirus. L’azitromicina è un farmaco poco costoso, ben tollerato e ampiamente disponibile. A luglio 2020 la pubblicazione di un rapporto clinico (nonostante fosse non randomizzato e condotto su un piccolissimo numero di pazienti) che indicava un giovamento nel suo utilizzo ha stimolato il ricorso all’azitromicina nella pratica clinica e nelle sperimentazioni cliniche.

Azitromicina: i risultati degli studi

Il report di AIFA datato maggio 2020, che aveva analizzato sei studi retrospettivi dell’utilizzo di azitromicina da sola o in combinazione con idrossiclorochina aveva segnalato un rischio associato all’osservazione del prolungamento dell’intervallo QT in elettrocardiogramma, senza individuare vantaggi evidenti per la risoluzione della malattia. All’epoca già AIFA sconsigliava quindi l’utilizzo dell’azitromicina nel trattamento. Si legge infatti:

La mancanza di un solido razionale e l’assenza di prove di efficacia nel trattamento di pazienti COVID-19 non consente di raccomandare l’utilizzo dell’azitromicina, da sola o associata ad altri farmaci con particolare riferimento all’idrossoclorochina, al di fuori di eventuali sovrapposizioni batteriche.

I diversi trial clinici conclusi nel frattempo hanno purtroppo confermato l’assenza di vantaggi nell’uso dell’azitromicina.

Azitromicina e COVID-19: i risultati dello studio ATOMIC2

Uno studio condotto nel Regno Unito (“ATOMIC2“, pubblicato su The Lancet) ha evidenziato che la somministrazione dell’azitromicina non porterebbe benefici significativi ai pazienti con COVID-19 da lieve a moderata.

Si sono osservati gli effetti del farmaco su 298 partecipanti, arruolati tra giugno 2020 e gennaio 2021, 6 dei quali hanno in seguito chiesto la rimozione dei loro dati inerenti lo studio. Ne segue che si sono esaminati i dati relativi a 292 partecipanti, 147 dei quali hanno ricevuto una terapia anti-COVID standard, mentre ai 145 si è somministrato l’azitromicina (500 mg per 14 giorni). I partecipanti allo studio presentavano sintomi di COVID-19 lieve o moderato. Il numero complessivo di pazienti che sono deceduti o che hanno richiesto ospedalizzazione a causa delle complicazioni della malattia è stato pari a 32, di cui 15 erano stati trattati con l’azitromicina, mentre i restanti 17 avevano ricevuto terapie di altro tipo. In conclusione, la somministrazione dell’antibiotico non ha mostrato maggiori benefici nei pazienti con COVID-19 lieve o moderata e non ne ha impedito l’ospedalizzazione o il decesso.

Azitromicina e COVID-19: i risultati dello studio ACTION

Un esito similare è stato registrato al termine di uno studio condotto negli Stati Uniti (denominato “ACTION“) nell’intervallo temprale compreso tra maggio 2020 e marzo 2021.

Allo studio hanno preso parte 263 pazienti positivi a infezione da Sars-CoV-2. L’età media era pari a 43 anni, il 66% dei quali erano donne. I partecipano hanno ricevuto una dose da 1200 mg di azitromicina o una dose di placebo, ma la sperimentazione è terminata dopo soli 14 giorni, poiché non c’era alcuna differenza significativa nella proporzione di partecipanti che erano privi di sintomi. Inoltre, entro il giorno 21, 5 partecipanti nel gruppo azitromicina erano stati ricoverati in ospedale rispetto a 0 nel gruppo placebo.

Anche i ricercatori di questo studio hanno concluso che i risultati non supportano l’uso di routine dell’azitromicina in regime ambulatoriale dell’infezione da SARS-CoV-2.

Azitromicina: lo studio PRINCIPLE

Un terzo studio (PRINCIPLE) è stato condotto nel Regno Unito, coinvolgendo un numero molto ampio di pazienti, 1300 pazienti con COVID-19 fortemente sospettato o documentato. I pazienti, che erano più anziani di quelli degli studi esposti in precedenza (età media, 61 anni) e la maggior parte presentava comorbidità, hanno ricevuto azitromicina (500 mg al giorno per 3 giorni) o cure abituali. Al termine dello studio sono stati valutati i risultati in termini di risoluzione dei sintomi, ricorso al ricovero e morte,  che si sono tutti verificati con frequenza simile nei due gruppi.

AIFA: non esistono antibiotici efficaci contro COVID-19

In un comunicato stampa di poche ore fa, AIFA smentisce le notizie riportate sulle scorte di azitromicina per il trattamento di COVID e conferma nuovamente che ad oggi non esistono antibiotici efficaci nella cura dei pazienti colpiti da COVID-19, come dimostrato dai trial clinici pubblicati in letteratura scientifica. Nessun antibiotico è approvato né raccomandato nel trattamento della malattia.

AIFA ricorda che un utilizzo indiscriminato e senza razionale clinico di antibiotici ha molteplici effetti negativi:

  • priva dei medicinali i pazienti affetti da infezioni batteriche e che gioverebbero del loro utilizzo
  • può causare lo sviluppo di antibiotico resistenza.
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