Test PCR: cos’è, a cosa serve e come funziona

Il Test PCR è una delle metodiche di diagnostica più utilizzate nel campo delle malattie infettive: permette di individuare con molta precisione e sicurezza la presenza di microrganismi in un dato campione biologico, tramite l’amplificazione di tratti precisi del loro genoma. In periodo di pandemia da Covid-19 lo abbiamo sentito nominare per la rilevazione del virus SARS-Cov-2 nei tamponi molecolari, ma come funziona?

Vediamo insieme cos’è la PCR, come funziona e com’è nata, le applicazioni in ambito diagnostico e biologia forense, come funziona un tampone molecolare PCR per COVID-19.

Cos’è la PCR

La PCR (dall’inglese “Polymerase Chain reaction”, “Reazione a catena della polimerasi),  è una tecnica di biologia molecolare messa a punto negli anni ’70 dal biochimico Kerry Banks Mullis che gli è valsa il riconoscimento del premio Nobel per la chimica nel 1993.
La finalità principale di questa metodologia è quella di amplificare il DNA, cioè replicarlo in serie in modo da aumentare in maniera esponenziale la quantità di molecole presente nel campione.

L’aspetto importante e rivoluzionario di questa metodica è stato quello di riuscire a rendere il DNA “disponibile” per analisi dirette: di fatto il DNA all’interno delle nostre cellule è pochissimo rispetto alle altre molecole che ci sono nella cellula, quindi se dovessimo lavorare sulle quantità di acido nucleico estratte dalle cellule senza poterlo riprodurre sarebbe impossibile rilevarlo e ottenere risultati quando lo si ricerchi.

Amplificare il DNA significa averne a disposizione una quantità elevata e quindi riuscire a utilizzarlo per altri scopi; inoltre l’amplificazione stessa permette di osservarne la presenza e quindi utilizzarlo come viatico diagnostico di eventuali presenze di patogeni in un campione umano, proprio come avviene nel test molecolare per la rivelazione del SARS-CoV-2.

Perché avvenga questa amplificazione, la PCR sfrutta un enzima, la DNA polimerasi, responsabile della replicazione del DNA nelle cellule.

Come avviene la replicazione del DNA nelle cellule

All’interno della cellula, il DNA si replica per fornire alla cellula in divisione una quantità doppia di genoma che poi verrà equamente distribuito tra le due cellule figlie.
L’attore principale di questo fenomeno è la DNA polimerasi, un enzima che utilizzando un filamento di DNA come stampo, riesce a legare insieme nucleotidi formando un nuovo filamento di acido nucleico complementare al filamento stampo.

Al fine di usare le due componenti della doppia elica come stampo, è necessario che queste vengano allontanate e separate in modo da esporre la sequenza di nucleotidi alla DNA polimerasi.
Nella cellula questo viene effettuato da un enzima specifico, chiamato elicasi: questa proteina ha una struttura a ciambella che si intercala all’interno della doppia elica; consumando energia sottoforma di ATP, questa proteina si sposta in avanti sulla doppia elica separando i due filamenti.

La DNA polimerasi per iniziare a incorporare nucleotidi sul filamento in sintesi ha bisogno che ci sia anche una sorta di abbozzo di filamento nuovo che funziona da innesco per la partenza della sintesi: questo è il primer.
I primer sono delle piccole sequenze di RNA che si legano al DNA stampo e fungono da abbozzo del filamento di neo-sintesi: la polimerasi riconosce la giunzione innesco-stampo e vi si lega sfruttandola come punto di partenza per la polimerizzazione di nuovo DNA.

Come funziona la PCR?

Per amplificare il DNA in vitro, come avviene nella PCR, c’è bisogno di ricreare il più possibile i passaggi che avvengono durante la replicazione del DNA dentro la cellula, di conseguenza, sarà necessario:

  • un primer, che formi la giunzione innesco-stampo
  • una DNA polimerasi termostabile
  • la separazione dei filamenti, di modo che la polimerasi riesca a usarli come stampo per la sintesi del filamento nuovo
  • una quantità, anche minima, di DNA da usare come stampo
  • nucleotidi A,T,G,C liberi che serviranno da “mattoncini” per riformare la catena di DNA
  • una soluzione tampone chiamata “buffer” che permette di mantenere costante il pH, le cui variazioni potrebbero inficiare la riuscita della PCR.

Quando esposti a temperature crescenti, i legami ad idrogeno che tengono insieme la doppia elica di DNA si spezzano, determinando l’allontanamento dei due filamenti. L’intuizione che ebbe Mullis fu quella di sfruttare il processo di denaturazione per separare i due tronconi della doppia elica in modo che potessero essere usati come stampo per la creazione in serie di copie di DNA.

La DNA polimerasi da scegliere per permettere la sintesi di DNA doveva però soddisfare un requisito fondamentale, ossia essere funzionante (processiva) a temperature elevate, di circa 90°C, quelle che servono per denaturare il DNA.
Era risaputo, già negli anni 60’ del secolo scorso, che nelle terme vivessero microrganismi i quali dovevano avere, gioco forza, macchinari molecolari capaci di catalizzare le reazioni chimiche a quelle temperature: anche in questo caso l’intuizione fu notevole, cioè utilizzare una DNA polimerasi proveniente da un batterio che viveva nelle terme, la Taq Polimerasi.

Una volta trovati gli “attrezzi” giusti, il Premio Nobel unì tutto insieme inventando una delle tecniche più usate e rivoluzionare della biologia molecolare: la PCR.

I passaggi che permettono la reazione a catena della polimerasi sono i seguenti:

  • Denaturazione del DNA: la soluzione contenente l’acido nucleico viene portata a una temperatura compresa tra i 94 °C e i 99 °C, in modo da rompere i legami a idrogeno e allontanare i due filamenti per poterli usare come stampo per la polimerasi.
  • Allineamento dei primer (annealing): la temperatura viene portata a valori più bassi, fino a un livello compreso tra i 40 °C e i 45 °C per permettere ai primer di allinearsi alla loro regioni complementari.
  • Estensione del DNA (extending): la temperatura viene alzata a 65-72 °C per permettere alla TAQ polimerasi di aggiungere nucleotidi usando il filamento stampo, allungando di fatto i primer che diverranno parte del nuovo filamento in crescita.

Le fasi appena illustrate vengono ripetute in serie (cicli). Ad ogni ciclo, i filamenti di neo-sintesi potranno essere usati come stampo in modo da permettere la realizzazione di un’amplificazione che segue un andamento esponenziale: da 2 filamenti se ne otterranno 4, da 4 se ne otterranno 8 e così via.

Applicazioni della PCR

Il primer è di fatto una piccola sequenza di acido nucleico complementare a una regione del DNA stampo.
Se nel campione non si trova la sequenza complementare al primer in pratica non si ha amplificazione perché non avviene la fase di annealing e non avremmo la formazione di nessuna giunzione innesco-stampo.

Pertanto, la PCR può essere usata come tecnica di diagnostica microbiologica molto efficiente ed efficace: durante un’infezione, il patogeno invade i tessuti e durante la sua riproduzione nelle cellule lascerà sicuramente dei residui di genoma a livello delle mucose infettate; se si esegue un campionamento ad hoc si riesce a prelevare una componente di questo acido nucleico per usarla come stampo.

I primer che verranno usati per una PCR diagnostica saranno sequenze complementari a regioni specifiche del genoma del patogeno ricercato, per cui, se abbiamo la sua presenza nei tessuti del paziente, avremo la formazione di un innesco stampo e quindi osserveremo amplificazione del DNA.

Un’altra importante applicazione è quella che viene fatta in biologia forense o medicina legale. Il DNA sulla scena di un crimine è in tracce, quindi in quantità assolutamente impercettibili per poter condurre qualsiasi esperimento o rilevazione di conseguenza la PCR ci permette di amplificarlo e ottenere una quantità elevata di molecole nucleiche.

Inoltre anche in questo caso la scelta dei primer è un aspetto che può fornire informazioni davvero importanti: il nostro DNA contiene delle regioni che hanno una variabilità  molto elevata, cioè hanno lunghezza diversa da individuo a individuo, da persona a persona, anche tra parenti molto vicini come un genitore e un figlio. Di conseguenza, amplificare regioni del DNA che si trovano nella componente iper variabile del nostro genoma permette di ottenere sequenze di DNA che possono avere lunghezza diversa da soggetto a soggetto e quindi riuscire a identificare la sorgente umana di una particolare traccia di DNA.
In questo caso l’utilità della PCR è duplice, ci permette infatti di amplificare:

  • tutto il DNA, quindi riprodurlo in una quantità tale da poterci condurre esperimenti di vario tipo
  • le regioni molto variabili del genoma umano e quindi discriminare la sua provenienza all’interno della popolazione umana, agendo attraverso la scelta dei primer.

Il test molecolare con PCR per riconoscere il coronavirus

Il test molecolare utilizzato durante la pandemia per diagnosticare la presenza del Sars-Cov-2, il virus che provoca la Covid-19, è esattamente una PCR. In questo caso il genoma del patogeno è formato da RNA, quindi abbiamo la necessità di utilizzare primer a RNA e una RNA polimerasi per la replicazione dell’acido nucleico, tuttavia i passaggi e il principio con cui vengono condotti l’esperimento è esattamente lo stesso.

Nei test rapidi per il COVID-19 viene riconosciuta una proteina del virus presente nel campione e più facilmente possiamo andare incontro a falsi negativi, in quanto piccole quantità potrebbero non essere rilevate. I test molecolari sono invece molto più sensibili, perché riescono a riconoscere la presenza del virus anche se sono presenti quantità minime del suo RNA, proprio grazie al processo di amplificazione descritto.

Cosa succede quando il test molecolare è positivo? Nel caso in cui il soggetto avesse contratto COVID-19, nel campione prelevato con tampone dal paziente sarebbe presente RNA specifico di SARS-CoV-2. Sottoponendo l’RNA estratto e purificato dal campione a PCR, l’RNA del virus sarebbe “riconosciuto” dal primer che si lega in modo specifico solo a quella sequenza. Questo darà il via alla reazione e si osserverà amplificazione.

Cosa succede quando il test molecolare è negativo? Nel caso in cui il soggetto analizzato non avesse COVID-19, nel campione prelevato dal paziente NON ci sarebbe RNA specifico di SARS-CoV-2. Sottoponendo l’RNA estratto e purificato a PCR, il primer altamente specifico non riuscirebbe a legarsi a nessuna sequenza presente. In questo caso quindi, la reazione a catena non avrebbe inizio e non si osserverebbe amplificazione.

Fonti

  • Antropologia Molecolare, David Caramelli, 2009, Firenze University Press, Firenze
  • Biologia molecolare (Capranico et al.) – EdiSES
  • Biologia molecolare del gene (Watson) – Zanichelli
  • Biologia molecolare della cellula (Alberts) – Zanichelli
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