Ameba mangia-cervello: cos’è, dove si trova, sintomi e come uccide

È miracolosamente sopravvissuto, nonostante sia rimasto paralizzato, Caleb Ziegelbauer, il ragazzo di 14 anni colpito a luglio 2022 da meningoencefalite amebica primaria causata dalla cosiddetta ameba mangia-cervello.

Conteggiando questo ultimo caso e quello che nel 2018 costò la vita al ventinovenne italiano Fabrizio Stabile, morto a Waco, in Texas, dopo un bagno in una piscina dove era presente l’ameba mangia-cervello, dal 1962 (anno della prima identificazione del microrganismo) al 2022 i casi accertati di meningoencefalite amebica sono 157 e di questi solo 5 persone sono riuscite miracolosamente a salvarsi. Naegleria fowleri, infatti, ha un tasso di mortalità pari al 97%.

Cos’è l’ameba mangia-cervello

Microrganismo unicellulare presente solitamente nel suolo e nelle acque calde dolci di laghi, fiumi, sorgenti termali e nella rete idrica di gran parte del sud dell’America, questo killer ha il nome di Naegleria fowleri, sebbene sia più comunemente conosciuta con l’inquietante appellativo di ameba mangia-cervello. Naegleria fowleri si trova esclusivamente in acqua dolce, non è possibile quindi contrarre infezione con bagni in acqua salata, come mare o oceano.

In alcuni casi l’infezione da Naegleria fowleri può essere causata anche da acqua contaminata da altre fonti, come quella in piscine, splash pad, surf park o altri luoghi ricreativi che sono mal tenuti o non contengono abbastanza cloro, o quella del rubinetto riscaldata e infettata. Sebbene si tratti di un microrganismo solitamente letale, l’unica via in grado di fare davvero danni per l’uomo è quella nasale. In buona sostanza, quindi, se una persona beve acqua contaminata dall’ameba mangia-cervello non ci saranno ripercussioni severe o letali sulla sua salute.

Il problema nasce quando questo microrganismo monocellulare è in grado di penetrare nel corpo umano attraverso il naso. In questo modo l’ameba utilizza le cavità nasali per risalire verso il cervello della vittima che diventerà letteralmente la sua fonte di cibo distruggendo il tessuto cerebrale e conducendo in pochi giorni la persona alla morte. In ogni caso un soggetto infetto non può trasmettere in alcun modo la malattia ad un’altra persona. L’unica via di contagio è e resta il passaggio dell’ameba attraverso il naso.

Le infezioni di solito si verificano quando le temperature sono calde, il che si traduce in temperature dell’acqua più elevate e livelli dell’acqua più bassi. I periodi dell’anno più a rischio sono quindi i mesi estivi di luglio, agosto e settembre.

Sintomi di infezione da ameba mangia-cervello

L’ameba mangia cervello causa un’infezione cerebrale che distrugge il tessuto cerebrale e i sintomi possono essere simili a quelli di una meningite batterica. I sintomi principali che seguono all’esposizione nasale ad acqua contaminata dall’ameba mangia-cervello si dividono solitamente in due fasi. I primi sintomi possono comparire da 1 a 9 giorni dopo essere entrati in contatto con il microrganismo e comprendono:

  • Febbre;
  • Nausea;
  • Vomito;
  • Mal di testa, tipicamente nella zona frontale

Nella seconda fase sintomatologica, il cui esordio differisce di poco rispetto alla prima, si riscontrano invece:

  • Rigidità del collo;
  • Stato confusionale;
  • Allucinazioni;
  • Convulsioni;
  • Alterazione dello stato mentale;
  • Coma

Se non diagnosticata tempestivamente e adeguatamente trattata, l’infezione da ameba mangia-cervello può uccidere in meno di 5 giorni dall’esordio dei sintomi (anche se ci sono stati casi di decesso fino a 18 giorni dopo). È quindi fondamentale, in caso di sintomi riconducibili a quelli da infezione di Naegleria fowleri, riferire tempestivamente al personale sanitario l’eventuale frequentazione recente di ambienti a rischio come parchi acquatici, laghi o fiumi.

L’ameba mangia-cervello è presente anche in Italia?

In Italia finora è stato accertato post mortem un solo caso di infezione da ameba mangia-cervello nel 2003 ma il rischio che nello stivale possano verificarsi altri casi simili è bassissimo, poiché non sussistono le condizioni ambientali adatte alla sopravvivenza di questo microrganismo.

L’attacco di un’ameba mangia-cervello è comunque un’eventualità piuttosto rara anche in Paesi nei quali l’incidenza dei casi negli anni ha dimostrato di essere più elevata che altrove. Il motivo? Oltre ad avere la possibilità di introdursi nel naso attraverso l’acqua contaminata, l’ameba mangia-cervello dovrebbe trovare – ed è molto difficile che accada – un appiglio sulla mucosa della cavità nasale per arrivare fino al cervello risalendo i nervi olfattivi.

Come si cura la meningoencefalite da ameba mangia-cervello

Come abbiamo anticipato, una diagnosi tempestiva può rivelarsi fondamentale per tentare di salvare il paziente. Nei 5 casi nei quali l’infezione da Naegleria fowleri è stata accertata e fortunatamente superata, oltre ad una rapida diagnosi si sono rivelate fondamentali terapie, alcune di ultima generazione, in grado di contrastare efficacemente l’ameba.

È questo il caso, ad esempio, dei pazienti salvati da morte dopo essere entrati in contatto col microrganismo nell’estate del 2013, sempre in America. I due bambini vittime di meningoencefalite amebica primaria sono stati infatti trattati con successo mediante ipotermia terapeutica e miltefosina, un farmaco appartenente alla categoria degli Antiprotozoari utilizzato anche in caso di carcinoma mammario come palliativo delle metastasi cutanee e in veterinaria contro malattie tipiche del cane come la leishmaniosi.

Prevenzione dell’infezione da ameba mangia-cervello

Sebbene il rischio sia basso, le persone dovrebbero sempre presumere che vi sia un rischio di infezione ogni volta che entrano in acqua dolce e calda.

Esistono comunque una serie di buone norme utili per ridurre ulteriormente il rischio di infezione da ameba mangia-cervello, importanti in particolar modo per coloro che hanno intenzione di recarsi in località statunitensi a più alto rischio di contagio. Prima fra tutte, evitare di immergere la testa in acque dolci o potenzialmente contaminate e, se necessario, utilizzare uno stringinaso o degli appositi tappi per il naso, per chiudere l’unico canale che l’ameba potrebbe sfruttare per uccidere.

È più probabile che le amebe vivano nei sedimenti sul fondo di laghi, stagni e fiumi, quindi le persone dovrebbero evitare di scavare o agitare i sedimenti in acqua dolce e poco profonda.

Per chi utilizza l’acqua della rete idrica per lavaggi nasali o simili, il consiglio è quello di evitare tali fonti, soprattutto in America, e utilizzare acqua sterile o distillata.

Fonte: https://www.cdc.gov/parasites/naegleria/general.html

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