Virus Ebola: cos’è, come si trasmette, sintomi e causa della morte

Gli Ebolavirus provocano una malattia, in passato nota come febbre emorragica, che oggi viene chiamata Malattia da virus Ebola (EVD, Ebola virus disease). È una malattia estremamente letale per l’uomo e si calcola che porti alla morte il 50-90% dei contagiati, a seconda della specie che provoca l’infezione.

Vediamo com’è fatto il virus, come avvengono contagio e trasmissione, quali sono i sintomi e cosa causa la morte dei pazienti, come si effettua la diagnosi e gli strumenti di prevenzione e cura a nostra disposizione oggi.

Virus Ebola: com’è fatto e come infetta l’uomo

Colorized transmission electron micrograph (TEM) of ebola virus virion

Fonte immagine: https://www.cdc.gov/vhf/ebola/index.html

Il genere Ebola fa parte della famiglia dei Filovirus (Filoviridae) e comprende 6 specie di virus. La prima, scoperta nel 1976 in Africa, si chiama Zaire ebolavirus (EBOV) perché fu scoperta in quella che oggi si chiama Repubblica democratica del Congo, ma che un tempo si chiamava Zaire. Il virus fu scoperto nei pressi del fiume Ebola, da cui deriva il nome. Di queste sei specie soltanto 3 sono state responsabili, fino ad ora, di epidemie di grandi dimensioni (oltre a Zaire ebolavirus, anche Bundibugyo ebolavirus e Sudan ebolavirus).

Il nome della famiglia del virus Ebola (Filovirus) deriva dalla parola latina “filum” ed è dato dalla caratteristica forma esterna a filamento osservata attraverso immagini di microscopia elettronica. Questi virus sono costituiti da un pericapside fosfolipidico, l’involucro più esterno, simile alla membrana cellulare umana. Il pericapside espone all’esterno alcune proteine chiave per l’infezione. All’interno si trova invece un nucleocapside proteico che contiene il materiale genetico che in questo virus è costituito da un filamento di RNA. Sul rivestimento più esterno (il pericapside) il virus possiede la proteina GP che si lega al recettore della cellula bersaglio.

Una volta avvenuto il legame, la cellula lo fa entrare attraverso la fusione delle membrane (quella virale e quella cellulare). La fusione delle membrane forma una vescicola che permette l’ingresso del nuclecapside contenente l’RNA virale all’interno della cellula.

Come si replicano i virus a singolo filamento negativo di RNA

Gli Ebolavirus sono virus a singolo filamento negativo di RNA. Il loro RNA è complementare alla sequenza vera del virus e non costituisce la sequenza stessa. Questo significa che, una volta dentro la cellula ospite, il virus non può far tradurre il suo RNA in proteine virali, ma deve prima trascriverlo in un mRNA a sequenza positiva. Per far questo ha bisogno di un complesso proteico, la RNA polimerasi RNA-dipendente, che è contenuta dentro la particella virale, nel nucleocapside.

Una volta che l’RNA negativo è stato trascritto in quello positivo può essere tradotto normalmente producendo tutti i componenti del virus: le proteine (fra cui quelle del nucleocapside e del pericapside) e anche la RNA polimerasi di cui sopra. L’RNA del virus  viene replicato a partire dall’mRNA positivo (e quindi di nuovo negativo). In questo modo viene prodotto tutto il necessario per assemblare nuove particelle virali identiche all’originale che potranno uscire dalla cellula ospite per infettarne altre.

Epidemiologia

I virus Ebola sono stati scoperti in Africa e le epidemie, in passato, sono rimaste abbastanza contenute perché avvenivano in aree piuttosto isolate e rurali.

La diffusione in aree diverse è possibile quando viene infettato un viaggiatore che si muove da quelle zone verso altre mete. La più grande epidemia si è consumata dal 2014 al 2017 e ha coinvolto la Guinea, la Sierra Leone e la Liberia: aree densamente popolate.

Il tasso di mortalità in questo caso è stato del 59% e ha coinvolto migliaia di persone.

Contagio e trasmissione del virus Ebola

Come tutti i virus, Ebola non è in grado di replicarsi e completare il suo ciclo senza l’ausilio di una cellula ospite da infettare. Ha bisogno infatti che la cellula fornisca gli elementi essenziali di cui non dispone ed è per questo che è costretto ad infettarla.

Il bersaglio degli Ebolavirus sono le cellule endoteliali, gli epatociti ed i fagociti mononucleati.

Il contagio avviene attraverso il contatto con:

  • animali infetti, vivi o morti (scimmie, scimpanzé, gorilla, antilopi, porcospini e pipistrelli della frutta);
  • esseri umani infetti, vivi o morti;
  • sangue, organi o secrezioni infetti con mucose o ferite di individui sani;

Il contagio può avvenire anche in modo indiretto per contatto con ambienti contaminati da questi fluidi infetti. Nei rari casi di sopravvissuti, si è visto che sono in grado di contagiare attraverso lo sperma anche diverse settimane dopo la completa guarigione.

Sintomi della malattia da virus Ebola

I sintomi della malattia da virus Ebola iniziano subito dopo l’incubazione che va da 2 a 21 giorni e sono:

  • febbre,
  • forte spossatezza,
  • dolore alle articolazioni,
  • dolori muscolari,
  • cefalea.

In seguito la spossatezza diventa forte astenia, compare la diarrea con sanguinamento, nausea, vomito ed anoressia.

Successivamente si presenta la riduzione delle funzioni epatica, gastrointestinale, renale, respiratoria, si evidenziano danni cutanei, vascolari e al sistema nervoso centrale.

Con il progredire della malattia subentrano gravi emorragie interne ed esterne, tachipnea, shock ipovolemico, sindrome da insufficienza multi-organo e alla fine la morte. Non tutti questi sintomi compaiono in tutti i pazienti, ma molti di essi sì.

Diagnosi

Nei primi giorni dall’infezione è molto difficile diagnosticare la malattia EVD a causa dell’aspecificità dei primi sintomi riscontrati. Per questa ragione e per il fatto che è essenziale diagnosticarla prestissimo evitando altri contagi, si procede valutando i sintomi in base anche al luogo dove ci si trova quando avviene il contagio e al fattore epidemico della loro comparsa. Quindi, per fare un esempio, questi stessi sintomi accendono un campanello d’allarme nel personale sanitario in Africa piuttosto che in Europa.

Ad ogni modo, per ogni caso sospetto è fondamentale l’isolamento immediato e la comunicazione del caso alle autorità sanitarie internazionali.

Una volta che perviene il sospetto, nella prima fase della malattia si procede con due analisi di laboratorio che identificano il virus nel paziente:

  • test ELISA per rilevare gli antigeni virali
  • analisi PCR per identificare il genoma virale

Nella fase successiva, e più grave, della malattia si possono cercare gli anticorpi contro il virus nel sangue del paziente, precedentemente assenti (test sierologico).

Cure e vaccino

Nel dicembre 2019 FDA ha approvato il vaccino sperimentale contro l’Ebola, chiamato rVSV-ZEBOV (nome commerciale Ervebo®), che ha dato un’ottima risposta contro l’ebolavirus dello Zaire (in uno studio del 2015, nessun caso di Ebola tra le 5837 persone vaccinate contro i 23 casi occorsi tra i non vaccinati nel corso delle settimane successive).

Ervebo® è un vaccino ricombinante in cui il virus della stomatite vescicolare vivo e attenuato è stato modificato in modo da contenere il gene per la glicoproteina EBOV del virus Ebola Zaire. Portando alla sintesi solo di una glicoproteina del virus Ebola, la vaccinazione non può causare la malattia. Somministrato come vaccino a dose singola, è risultato sicuro e protettivo contro l’ebolavirus dello Zaire (non fornisce invece protezione contro altre specie di Ebolavirus o Marburgvirus).

Nel caso di contagio avvenuto, ad oggi non esiste una cura (si stanno valutando anche possibili terapie farmacologiche e immunitarie) e attualmente si cerca di tenere in vita il paziente il più a lungo possibile fino alla rara guarigione messa in atto dalle difese immunitarie.

Per tenere in vita i pazienti, si procede con la reidratazione endovenosa e orale e con il trattamento dei sintomi che via via compaiono. Le speranze di vita di un paziente in Africa non sono quindi le stesse di un paziente in paesi più sviluppati, proprio per la diversa disponibilità di apparecchiature e prodotti, ma in tutti i casi sono probabilisticamente molto basse.

Prevenzione

Non essendo stata trovata con precisione l’origine del virus, non è possibile intervenire in tal senso alla fonte e l’unica prevenzione consiste nella diagnosi precoce e nel rigido isolamento dei positivi.

Il virus non viene inattivato dal congelamento e resiste alcuni giorni nei materiali liquidi o secchi all’esterno del corpo.

Distruggono il virus:

  • i raggi gamma,
  • il riscaldamento oltre i 60°C per 1h
  • il riscaldamento a 100°C per 5 minuti.

Per il personale sanitario è imperativo non venire a contatto con il materiale infetto e la manipolazione dei campioni richiede laboratori con livello di sicurezza biologica 3 o 4.

Bibliografia:

Condividi su: