Test di Coombs Diretto ed Indiretto: Cosa Vuol Dire se è Positivo o Negativo?

Nella guida di oggi ci occupiamo del test di Coombs? Che cos’è? A che cosa serve? Come si fa questo esame? Come vengono valutati i risultati? Quali sono i valori di riferimento? Qual è la differenza tra il test di Coombs indiretto e diretto?

In questo articolo andremo a parlare di un argomento molto importante in sede di analisi che si fanno in gravidanza: il test di Coombs. Cercheremo di capire insieme di cosa si tratta rispondendo a tutte le domande che ci siamo posti sopra.

I gruppi sanguigni e il fattore Rh

Prima di andare a vedere in modo specifico in cosa consiste questo esame, bisogna fare un breve accenno sui globuli rossi del sangue in quanto sono i principali protagonisti del test.

Come già saprai i globuli rossi sono delle particolari cellule che si trovano nel nostro flusso sanguigno e che hanno la funzione importantissima di trasportare l’ossigeno, grazie all’emoglobina in essi contenuta.

Oltre a trasportare l’ossigeno verso tutti i tessuti che ne hanno bisogno, i globuli bianchi raccolgono anche i prodotti di scarto, tra cui l’anidride carbonica, permettendo così lo scambio di questa sostanza e dell’ossigeno nei polmoni.

Inoltre, i globuli rossi possono anche avere degli antigeni sulla loro superficie, ossia delle proteine particolari che fungono da bersaglio in condizioni in cui il nostro sistema immunitario dovesse produrre degli anticorpi diretti proprio a loro.

In pratica, la funzione degli antigeni, che di solito si trovano su sostanze nocive per il nostro organismo, come batteri e funghi, è proprio quella di avvisare, in un certo senso, il sistema immunitario sulla presenza di questi corpi estranei, in modo tale da attivare la reazione appropriata.

Tuttavia, nel caso in cui il paziente sia affetto da una malattia autoimmune gli antigeni in questione non vengono attaccati correttamente e l’organismo inizia una reazione nei confronti di se stesso.

Sarai già a conoscenza del fatto che possiamo avere un certo tipo di gruppo sanguigno (A, B, AB o 0), in base alla presenza degli antigeni che si trovano sui nostri globuli rossi (che possono essere A, B e 0) e che abbiamo ereditato dai nostri genitori.

Il fattore Rh è un altro tipo di antigene che si trova sulla superficie dei nostri globuli rossi ed è conosciuto anche come antigene D. Si parla di Rh positivo quando questo antigene è presente, e, viceversa, si parla di Rh negativo quando è assente.

Determinare il gruppo sanguigno dell’individuo è importantissimo soprattutto quando bisogna fare una trasfusione del sangue. Infatti, se il sangue non è compatibile, cioè se il gruppo sanguigno non è lo stesso, si assisterà ad un’attivazione anomala del sistema immunitario

Ed è proprio in questi, ed altri, casi che si preferisce ricorrere al test di Coombs. Di seguito ti spiegheremo in modo più chiaro di cosa si tratta nello specifico.

Che cos’è il test di Coombs? Qual è la differenza tra test di Coombs diretto ed indiretto?

Il nome di questo test è lo stesso dell’immunologo che, nel 1945, lo ha messo a punto insieme ad altri specialisti del settore. E’ anche conosciuto come test dell’antiglobulina e ci permette di andare a valutare la presenza di anticorpi che sono capaci di distruggere i globuli rossi.

Possiamo fare due diversi tipi di test di Coombs, ossia:

  • Il test di Coombs indiretto: evidenzia la presenza degli anticorpi di cui abbiamo parlato all’interno del siero ematico, quindi, che non sono legati ai globuli rossi. Questo esame spesso viene richiesto durante la gravidanza o prima di sottoporre il paziente ad una trasfusione per valutare la compatibilità del sangue. In tal caso, se l’esito dell’esame è positivo, allora il paziente non è compatibile con quella trasfusione;
  • Il test di Coombs diretto: che ha proprio lo scopo di andare ad individuare la presenza degli anticorpi che si trovano proprio sulla superficie dei globuli rossi e che potrebbero attaccarli e distruggerli. Questo esame è largamente utilizzato, quindi, per diagnosticare la presenza delle anemie emolitiche immuno-mediate. Se l’esito di questo esame è positivo, significa che sui globuli rossi ci sono gli anticorpi che possono distruggerli e vedremo meglio nei prossimi paragrafi quali potrebbero essere le conseguenze di questa particolare condizione. Viceversa, se il risultato è negativo gli anticorpi sono assenti e bisogna procedere con altri esami per individuare la causa dei sintomi che ci hanno condotto al test di Coombs.

In entrambi i casi, il test ci riporta solo la presenza degli anticorpi, ma non ci darà informazioni utili sulla tipologia degli anticorpi, né ci conferma che questi anticorpi sono la causa dei sintomi da analizzare.

Di conseguenza, qualsiasi esso sia il risultato, dovrai farlo analizzare necessariamente dal tuo medico che prenderà i provvedimenti che ritiene opportuni.

Quando viene prescritto questo genere di esame?

Come abbiamo già accennato nel paragrafo precedente, questo particolare esame viene preso in considerazione quando una donna è incinta e quando bisogna determinare la causa di una anemia emolitica.

Inoltre, il test viene prescritto quando si manifestano i sintomi di una reazione nei confronti di una trasfusione di sangue, in genere questi sintomi sono i seguenti:

  • Brividi;
  • Tracce di sangue nelle urine;
  • Febbre;
  • Dolore alla schiena.

Altri sintomi che porteranno il tuo medico a prescriverti l’esame, in quanto ricollegano in qualche modo alla malattia emolitica, sono:

  • La presenza di un edema esteso a tutto il corpo;
  • Un certo pallore in volto;
  • Rigonfiamento della milza;
  • Rigonfiamento del fegato;
  • Difficoltà nella respirazione;
  • Ittero con annesso aumento della bilirubina.

Come funziona il test di Coombs?

Visto che il test di Coombs serve per valutare la presenza (o l’assenza) degli anticorpi che si trovano nel sangue, avrai sicuramente intuito che per fare questo tipo di esame dovrai sottoporti ad un normale prelievo ematico che, generalmente, viene fatto sul braccio.

In genere non sono necessarie delle norme di preparazione ben precise, ma per toglierti ogni dubbio ti consigliamo di chiedere sempre qualsiasi tipo di informazione al personale di laboratorio.

Quali sono i risultati di cui bisogna preoccuparsi?

In questo esame non si può parlare di specifici valori di riferimento numerici, ma si tratta di definire il risultato come Positivo o come Negativo.

Nel caso del test di Coombs indiretto, un risultato positivo sta ad indicare la presenza degli anticorpi nel siero e che potrebbero aggredire i globuli rossi, ma non ci fornisce informazioni utili sulla tipologia degli anticorpi in circolo nel sangue.

Anche nel caso del test di Coombs diretto, un risultato positivo indicherebbe la presenza degli anticorpi che, in questo caso, sono legati ai globuli rossi che circolano nel sangue.

In entrambi i casi le cause di un risultato positivo potrebbero essere diverse, tra cui:

  • Il paziente assume dei farmaci che stimolano la produzione degli anticorpi, ad esempio il levodopa per il trattamento del Parkinson;
  • Quando il sangue della madre è entrato in contatto con il sangue del feto ma i due gruppi sanguigni non sono compatibili tra loro;
  • In presenza del Lupus Eritematoso Sistemico;
  • Nel caso in cui è presente una particolare forma di Leucemia;
  • Anemia emolitica autoimmune;
  • Quando il soggetto è stato sottoposto ad una trasfusione ma il gruppo sanguigno non era compatibile;
  • Nel caso in cui il paziente è affetto da mononucleosi;
  • In concomitanza della sifilide;
  • Nel caso di infezioni da micoplasma. 

Come abbiamo già detto, però, l’esito dell’esame deve essere prettamente valutato da un medico in quanto, soprattutto se il risultato è negativo, bisogna continuare a cercare quali sono le cause dei sintomi che ci hanno condotto a fare questo esame.

Ci sono dei fattori che possono influenzarne l’esito?

Così come accade per la maggior parte degli esami in ambito medico, anche in questo caso possono subentrare dei fattori che modificano l’esito dell’esame, tra cui:

  • L’assunzione di alcuni farmaci può modificare il risultato dell’esame;
  • Nel caso in cui il paziente è affetto da una malattia autoimmune la positività potrebbe essere cronica:
  • La reazione alla trasfusione tenderà a riportare dei risultati positivi del test fino ad un massimo di 3 mesi.

In ogni caso ti consigliamo di informare sempre il tuo medico su qualsiasi fattore che, secondo la tua opinione, potrebbe influenzare l’esame così che possa tenerne conto nel momento della valutazione.

Condividi su: