Come sono fatti i wurstel?

    Se ti piacciono le salsicce, evita di vedere come sono fatte”. Questo era un vecchio proverbio che può essere adattato benissimo anche ai wurstel, che poi altro non sono che salsicce preparate però alla maniera tedesca. Come sono fatti i wurstel? Il procedimento che porta alla loro realizzazione non è esattamente bello da vedere ed è forse proprio questa ignoranza che abbiamo nei confronti di questo processo che continua a farci portare sulla tavola i famigerati wurstel.

    Chi vuole vivere in salute però dovrebbe cercare di saperne qualcosina di più, indagando più a fondo sull’origine degli alimenti che porta in tavola e sull’impatto che essi possono avere sulla nostra salute e su quella dei bambini a cui spesso si danno questi alimenti.

    Oggi parliamo di wurstel, un “alimento” molto attraente perché economico, versatile, amatissimo dai bambini e parte di tantissime ricette americane e est europee, che siamo sempre pronti ad importare. Come si fanno i wurstel? Da dove arriva la carne che li compone? Possono far male alla salute? Vediamolo insieme.

    Carne separata meccanicamente: questa sconosciuta

    Chi si preoccupa (e dovremmo cercare di farlo tutti) di leggere quanto scritto sul retro delle confezioni, avrebbe già dovuto imbattersi almeno qualche volta nella dicitura carne separata meccanicamente (CSM). Si tratta di carne che viene appunto strappata in modo meccanico dai ritagli, ovvero dagli scarti di lavorazione del maiale o del pollo (e talvolta anche del manzo). Principalmente è carne di muscolo, anche se nel miscuglio possono finire anche parti di ossa friabili, tendini, parti grasse e più in generale tagli non esattamente appetitosi, che se non esistesse il prodotto wurstel finirebbero sicuramente nella spazzatura come scarto di lavorazione o al più destinati alla realizzazione di cibi per cani e gatti.

    Queste parti vengono poi trasformate in poltiglia attraverso un disco di metallo che tritura finemente i brandelli di carne alla quale vengono aggiunti amido, sale, conservanti e aromi per ottenere una pasta della consistenza molto simile al dentifricio, che non è esattamente la cosa più appetitosa del mondo. Successivamente, la pasta viene trasferita in specifiche vasche: qui viene vaporizzata con acqua comune e viene aggiunto dello sciroppo di mais, un prodotto ricchissimo di fruttosio che contribuisce ad arricchire il prodotto con un retrogusto dolce, in grado di mascherare almeno parzialmente il gusto altrimenti orribile che avrebbe questo preparato.

    Come si fanno i wurstel

    Alla pasta di wurstel, poi, viene aggiunta di nuovo acqua, allo scopo di amalgamare anche gli ultimi ingredienti aggiunti e viene fatto passare in un macchinario specifico, che aspira le parti di aria contenute nella pasta. Con l’utilizzo di guaine tubolari di cellulosa, la pasta passa attraverso la macchina farcitrice. La pasta/purea di ritagli di carne viene fatta passare attraverso una macchina dove vengono riempiti i budelli e i wurstel vengono lasciati appesi a dei ganci particolari. Terminata questa operazione avviene l’immersione dei wurstel all’interno del fumo liquido, un prodotto sintetico che può conferire con una semplice immersione un leggero sapore di affumicato. Il trasferimento successivo è nel forno, dove avviene la cottura del prodotto.

    Neanche il raffreddamento dei wurstel è naturale: vengono infatti immersi in acqua gelata e salata, per essere poi finalmente confezionati all’interno degli involucri che troveremo al supermercato.
    Si tratta di un processo completamente automatizzato, che vede anche nella fase di imballaggio un intervento dell’uomo decisamente minimo. I wurstel passano infatti attraverso delle speciali bande che li indirizzano verso la pelatura, una procedura che incide la guaina esterna che grazie ad un getto di vapore verrà completamente rimossa. Successivamente il prodotto passa il controllo di qualità umano e vengono confezionati nello sprocket.

    Occhio ai wurstel di pollo e tacchino perchè…

    I wurstel di pollo e tacchino, se possibile, sono ancora più preoccupanti. Il 90% delle carni in essi contenuti infatti è carne separata meccanicamente e nel caso del pollame viene realizzata dalla macellazione delle carcasse, ovvero di quanto rimane dopo che al pollo sono stati rimossi tutti i tagli commerciali: petto, cosce e ali. Si ottiene quella che in gergo si chiama pink slime, ovvero la poltiglia rosa che avrete sicuramente avuto modo di vedere in qualche video su internet. Una pasta dal colore poco invitante e dalla consistenza gelatinosa che non lascia presagire nulla di buono. Per capire meglio il processo vi consiglio di vedere questo video tratto da Il Fatto Alimentare che spiega molto bene come si realizzano questi prodotti.

    Prima di essere inserita nella catena di montaggio viene filtrata per eliminare tutti i residui di ossa (sì, residui di ossa, in quanto nella poltiglia ci finisce tutto quello che resta del pollo) per poi subire l’aggiunta di additivi e conservanti, come addensanti, nitriti e anche polifosfati.

    Una procedura non sana per un prodotto non sano

    Quanto avviene nelle fabbriche che producono wurstel dovrebbe essere davvero sotto gli occhi di tutti. Nelle vasche di preparazione del prodotto finisce praticamente tutto quello che rimane dalla lavorazione industriale delle carni, prodotti che nessuno si sognerebbe di portare in tavola, se non ridotti in finissima poltiglia e preparati a mo di wurstel. L’aggiunta degli additivi che permettono a questo prodotto di avere un gusto accettabile è la ciliegina sulla torta per un prodotto che non ha davvero nessun motivo per essere mangiato, soprattutto se vogliamo stare attenti alla nostra linea e alla nostra salute. In aggiunta conservanti come nitriti e polifosfati, nonostante ne sia autorizzato l’uso anche negli alimenti destinati al consumo umano, non sono sicuramente qualcosa che dovrebbe rientrare nella nostra alimentazione quotidiana.

    La produzione dei wurstel non è più quella dei vecchi macellai tedeschi che preparavano da soli delle gustose (anche se non particolarmente sane) salsicce: quello che conosciamo è il modo che l’industria ha trovato per riciclare tutti quei materiali di scarto che altrimenti finirebbero nel cestino, un modo per continuare a fare profitti da quelli che sono davvero gli ultimi scarti della lavorazione di manzo, maiale e pollo.

    Quando li vedrete ancora sugli scaffali del supermercato e vi chiederete del perché di un prezzo così invitante, ricordatevi del loro processo produttivo.

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