Il tumore al seno è una delle neoplasie più comuni tra le donne a livello globale. Tra le varie tipologie di carcinoma mammario, il tumore triplo negativo è noto per essere particolarmente aggressivo e difficile da trattare. Grazie ai recenti progressi nell’immunoterapia, e in particolare all’uso di pembrolizumab, si stanno aprendo nuove prospettive terapeutiche per le pazienti affette da questa forma di cancro.
In questo articolo parliamo di:
- L’importanza dell’immunoterapia per il carcinoma triplo negativo
- Lo studio Keynote-522: quali sono stati i risultati?
- La riduzione delle recidive e il rischio di morte
- Qual è il punto di vista degli esperti?
- Selezione delle pazienti: un approccio mirato per ridurre i rischi
- Le implicazioni economiche e l’accesso ai trattamenti
- Estensione d’uso di pembrolizumab: il futuro del trattamento
- Fonti
L’importanza dell’immunoterapia per il carcinoma triplo negativo
Il carcinoma mammario triplo negativo rappresenta il 10-15% dei nuovi casi di tumore al seno, caratterizzandosi per la mancanza di recettori per gli estrogeni, il progesterone e HER2, il che limita fortemente l’efficacia delle terapie mirate più comuni. Storicamente, il trattamento per questo tipo di tumore si è basato principalmente sulla chemioterapia, combinata con interventi chirurgici e radioterapia.
Tuttavia, l’introduzione dell’immunoterapia ha cambiato radicalmente lo scenario. L’uso di pembrolizumab, in combinazione con la chemioterapia neoadiuvante (prima dell’intervento) e come monoterapia adiuvante (dopo l’intervento), ha mostrato risultati promettenti nel migliorare i tassi di guarigione e ridurre le recidive.
Lo studio Keynote-522: quali sono stati i risultati?
I risultati più significativi provengono dallo studio clinico Keynote-522, presentato durante il congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) e pubblicato sul *New England Journal of Medicine*. Lo studio ha coinvolto 1.174 donne, suddivise in due gruppi: uno trattato con pembrolizumab associato alla chemioterapia, e l’altro solo con la chemioterapia, sia prima che dopo la chirurgia.
I risultati sono stati sorprendenti: il tasso di sopravvivenza a cinque anni delle pazienti trattate con pembrolizumab ha raggiunto quasi l’87%, contro il 72,2% delle pazienti trattate con la sola chemioterapia. Questo rappresenta un tasso di successo terapeutico senza precedenti per il carcinoma triplo negativo.
La riduzione delle recidive e il rischio di morte
Un ulteriore aspetto positivo dello studio riguarda la riduzione del rischio di recidiva e morte. Le pazienti trattate con pembrolizumab hanno mostrato una riduzione del 34% del rischio di morte rispetto a quelle trattate con sola chemioterapia. Inoltre, l’81,2% delle pazienti non ha avuto ricadute della malattia nei cinque anni successivi, un miglioramento notevole rispetto al gruppo trattato con sola chemioterapia.
Questa combinazione di terapie si è dimostrata particolarmente efficace nel ridurre la probabilità di recidive entro i primi tre anni, periodo critico per questo tipo di tumore.
Qual è il punto di vista degli esperti?
Il professor Giuseppe Curigliano, direttore della divisione sviluppo di nuovi farmaci all’Istituto Europeo di Oncologia, ha descritto i risultati come rivoluzionari. “Finora non avevamo mai visto risultati di questa portata in una patologia così aggressiva”, ha affermato.
Superare l’86% di sopravvivenza per il tumore al seno triplo negativo rappresenta un traguardo straordinario. Curigliano ha sottolineato che la maggior parte delle recidive avviene entro i primi tre anni dalla diagnosi. Se una paziente supera questo intervallo senza ricadute, le probabilità di guarigione aumentano considerevolmente.
Selezione delle pazienti: un approccio mirato per ridurre i rischi
Nonostante i risultati positivi, non tutte le pazienti con carcinoma triplo negativo necessitano dell’immunoterapia. La dottoressa Carmen Criscitiello, specialista presso l’Istituto Europeo di Oncologia, ha evidenziato che è fondamentale identificare quali pazienti trarrebbero il massimo beneficio dall’aggiunta di pembrolizumab.
Alcune donne, infatti, rispondono bene alla sola chemioterapia, ed evitare l’immunoterapia può ridurre il rischio di effetti collaterali, tra cui reazioni nella sede di infusione e ipotiroidismo, osservati con una frequenza maggiore tra le pazienti trattate con pembrolizumab.
La frequenza di eventi avversi nello studio è stata doppia per il gruppo trattato con immunoterapia rispetto a quello trattato solo con chemioterapia (44,8% contro 22,9%).
Le implicazioni economiche e l’accesso ai trattamenti
La questione dell’accesso all’immunoterapia è un tema cruciale anche dal punto di vista economico. La dottoressa Criscitiello ha sottolineato che in molti Paesi le risorse sanitarie sono limitate e non sempre è possibile garantire l’immunoterapia a tutte le pazienti.
Per questo motivo, è essenziale una selezione accurata delle pazienti, così da ottimizzare l’uso delle risorse e minimizzare i rischi di tossicità. La dottoressa ha inoltre accennato alla possibilità di integrare altre forme di immunoterapia nel trattamento del carcinoma triplo negativo, aprendo la strada a future combinazioni terapeutiche.
Estensione d’uso di pembrolizumab: il futuro del trattamento
Alla luce dei risultati dello studio Keynote-522, Merck Sharp & Dohme ha annunciato l’intenzione di richiedere l’estensione dell’uso di pembrolizumab per il trattamento del tumore al seno triplo negativo, sia a livello europeo che nazionale. Questo passo potrebbe segnare l’inizio di una nuova era nel trattamento di questa forma di cancro, offrendo speranza a migliaia di pazienti che finora avevano poche opzioni terapeutiche efficaci.
L’immunoterapia con pembrolizumab rappresenta una vera svolta nella lotta contro il tumore al seno triplo negativo. I dati promettenti emersi dallo studio Keynote-522 mostrano come questa terapia possa migliorare significativamente i tassi di sopravvivenza e ridurre il rischio di recidiva.
Tuttavia, resta fondamentale selezionare con attenzione le pazienti che possono trarre il massimo beneficio da questo trattamento, bilanciando le risorse disponibili con i rischi associati.
Fonti
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2409932
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