Osimertinib: un nuovo farmaco per il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule

Per i pazienti affetti dal carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC), un grave tumore che ha origine nel tessuto epiteliale che ricopre le strutture polmonari, ci sono importanti novità perché è stata autorizzata l’immissione in commercio di un nuovo principio attivo. Si tratta dell’Osimertinib che la Commissione Europea ha approvato in monoterapia di prima linea nel trattamento dei pazienti adulti affetti da NSCLC localmente avanzato o metastatico associato alla mutazione del gene EGFR.

Prima di parlarvi nello specifico di questo principio attivo, vorrei fornirvi una panoramica generale delle caratteristiche di questo tumore, sull’invasività e sulle terapie attualmente disponibili.

Carcinoma polmonare non a piccole cellule: caratteristiche e cura

Il trattamento e le terapie necessarie per bloccare la progressione del carcinoma polmonare non a piccole cellule dipende, come molti dei tumori esistenti, sia dallo stadio in cui viene diagnosticata la malattia sia in relazione al tipo istologico (adenocarcinoma oppure carcinoma a cellule squamose).

Questo tipo di tumore viene solitamente classificato in 4 differenti stadi che si caratterizzano per gravità e differente approccio terapeutico.

Le possibili terapie comprendono la chemioterapia, la chirurgia, la radioterapia, la terapia biologica, l’uso di farmaci inibitori della crescita tumorale, farmaci antiangiogenetici e immunoterapia.

La chirurgia è l’opzione terapeutica più utilizzata quando il tumore lo consente. In particolare il carcinoma deve avere le seguenti caratteristiche: deve essere resecabil e non metastatico. Nel processo di rimozione chirurgica, le tipologie di intervento possono essere diverse ed interessare diverse zone del polmone:

  • asportazione di un lobo polmonare;
  • asportazione di uno o più segmenti di cui è costituito il polmone;
  • asportazione di tutto il polmone;
  • asportazione di una piccola parte circoscritta del polmone.

Nella maggior parte degli interventi di resezione polmonare si effettua anche l’asportazione dei linfonodi dell’ilo polmonare e quelli del mediastino in modo tale da evitare la diffusione della patologia.

I farmaci chemioterapici maggiormente impiegati per il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule sono i seguenti: carboplatino, cisplatino, gemcitabina, paclitaxel, docetaxel, vinorelbina che possono essere somministrati anche in associazione tra di loro.

La radioterapia prevede l’utilizzo di radiazioni ad elevata energia che hanno lo scopo di distruggere le cellule tumorali e al tempo stesso colpire il meno possibile le cellule normali.

La terapia a base di farmaci biologici, chiamati anche farmaci bersaglio, prevede la somministrazione di principi attivi che vanno ad agire direttamente sui meccanismi alterati che caratterizzano le cellule tumorali evitando di intaccare i meccanismi fisiologici delle cellule sane. Nel caso specifico del carcinoma polmonare non a piccole cellule, la scelta del principio attivo da utilizzare è subordinato ad una biopsia che serve a stabilire la presenza di alcune caratteristiche del tumore stesso come ad esempio la mutazione del gene EGFR.

L’annuncio dell’approvazione di Osimertinib

“L’approvazione europea di osimertinib è un traguardo importante per tutti i pazienti affetti da NSCLC con mutazione di EGFR che potranno dunque beneficiare di questo trattamento già subito dopo la diagnosi – ha commentato la professoressa Silvia Novello, Professore Ordinario di Oncologia Medica al Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino e Presidente della Women Against Lung Cancer in Europe (WALCE) – è importante che questo farmaco sia accessibile ai pazienti italiani il prima possibile affinché ne possano beneficiare in termini di sopravvivenza libera da progressione, ma anche del suo profilo di sicurezza e tollerabilità, elementi importantissimi per la qualità di vita dei pazienti”.

Ad annunciare l’approvazione è stata la casa farmaceutica Astrazeneca, azienda che ha sviluppato la molecola, che ha sottolineato l’importanza della nuova indicazione. Ad oggi infatti solo il 30% di questi pazienti può beneficiare del trattamento con Osimertinib, poiché in Italia il farmaco è stato finora approvato e rimborsato unicamente per la seconda linea di trattamento.

La nuova indicazione permetterà, invece, a tutti i pazienti affetti da carcinoma polmonare localmente avanzato o metastatico con mutazione di EGFR di poterne beneficiare già in prima linea. L’approvazione europea si basa sui dati dello Studio di Fase III Flaura, i cui risultati sono stati presentati lo scorso settembre al congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) e contemporaneamente pubblicati sul ‘New England Journal of Medicine’.

“Lo studio Flaura che ha consentito l’approvazione europea per osimertinib in prima linea per i pazienti cambierà la pratica clinica – ha affermato il professor Filippo de Marinis, Direttore della divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano. Il beneficio in sopravvivenza libera da progressione e il profilo di tollerabilità visti nello studio sono senza precedenti, così come la durata della risposta risulta nettamente superiore allo standard terapeutico”.

Lo studio che ha portato all’approvazione del farmaco ha avuto come obiettivo quello di confrontare la terapia a base di Osimertinib con la terapia a base di inibitori delle tirosin chinasi (Tki) dell’EGFR, farmaci che rientrano nello standard di cura in pazienti che non avessero ricevuto alcun precedente trattamento per la malattia avanzata.

La sopravvivenza mediana libera da progressione è stata di 18,9 mesi per Osimertinib, registrando un risultato pari quasi al doppio rispetto ai 10,2 mesi per i Tki attualmente utilizzati in prima linea, ovvero Erlotinib o Gefitinib. Il beneficio è stato confermato in tutti i sottogruppi, inclusi i pazienti con e senza metastasi cerebrali.

Osimertinib è risultato ben tollerato, con un profilo di sicurezza coerente con quanto osservato nelle altre linee di trattamento. Inoltre, i dati preliminari sulla sopravvivenza complessiva sono promettenti, con una riduzione del 37% del rischio di mortalità.

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