Rabdomiolisi: cause, sintomi principali e rischi con COVID-19

Con il termine rabdomiolisi ci si riferisce a una condizione medica grave, che se non trattata adeguatamente può portare anche al decesso del soggetto colpito. In questi giorni se ne sta parlando molto a causa della notizia riguardante il decesso di un bambino di 10 anni positivo al SARS-CoV-2, in quanto evidenze scientifiche suggeriscono una correlazione tra l’infezione da coronavirus e l’insorgenza di questa condizione.

Vediamo più nel dettaglio quali sono le caratteristiche principale della rabdomiolisi, con riferimento al legame con la COVID-19.

Rabdomiolisi: caratteristiche e cause

La rabdomiolisi si verifica nel momento in cui le fibre muscolari si scompongono e rilasciano nel flusso sanguigno una serie di sostanze contenute nei muscoli, tra cui la fosfocreatina chinasi (o “creatinchinasi“), la mioglobina e gli elettroliti. All’origine di tutto si colloca una lesione del tessuto muscolare scheletrico, le cui cause possono essere molteplici, sia di natura patologica che traumatica.

Tra le cause di natura patologica più frequenti si annoverano:

Tra le cause di natura non patologica si segnalano invece:

  • Traumi muscolari;
  • Esercizio fisico estremo;
  • Punture d’insetto;
  • Morsi di serpente;
  • Trombosi arteriosa;
  • Embolia;
  • Intossicazione da alcolici;
  • Intossicazione da sostanza stupefacenti (specialmente cocaina, eroina e anfetamine);
  • Abuso di farmaci;
  • Ipotermia;
  • Ipertermia;
  • Avvelenamento da metalli pesanti;
  • Intossicazione alimentare;

La rabdomiolisi può provocare gravi malfunzionamenti agli organi e la principale complicazione che può presentarsi è l’insufficienza renale acuta, seguita dall’aritmia cardiaca.

Rabdomiolisi: sintomi e trattamento

La sintomatologia principale della rabdomiolisi è sovrapponibile a quella di moltissime altre malattie o disturbi che possono presentarsi in seguito a un evento traumatico. Di seguito è riportato un elenco di sintomi al quale fare molta attenzione:

  • Crampi muscolari;
  • Urina scure (a causa della presenza di mioglobina nel sangue);
  • Debolezza eccessiva.

È bene precisare che poco meno del 10% delle persone a cui viene diagnosticata la rabdomiolisi presenta tutti e tre i sintomi nello stesso momento. Di conseguenza, nel restante 90% dei casi si osservano non più di due di essi. L’unico modo efficace per eseguire una diagnosi accurata consiste nell’esaminare i livelli di creatinfosfochinasi nel flusso ematico. Se quest’ultimi sono compresi tra i 5.000 e i 15.000 U/L si è di fronte a un quadro grave.

Nei casi più gravi, il trattamento per la rabdomiolisi prevede (fonte):

  • Somministrazione di fluidi per via endovenosa (al fine di espellere le proteine ​​muscolari e gli elettroliti);
  • Ventilazione meccanica (se sopraggiunge l’insufficienza respiratoria acuta);
  • Supporto delle funzioni renali (se sopraggiunge insufficienza renale acuta);
  • Mantenimento dell’idratazione;
  • Somministrazione di diuretici per il mantenimento delle funzioni renali;

Come già riportato, la rabdomiolisi è in grado di determinare il decesso del paziente colpito se non si provvede alla somministrazione dei trattamenti adeguati in maniera tempestiva.

Rabdomiolisi: chi è maggiormente a rischio?

Trattandosi di una sindrome che scaturisce dal grave danneggiamento del muscolo, la rabdomiolisi può interessare qualsiasi persona. Tuttavia esistono alcune categorie di soggetti che hanno maggiori rischi di svilupparla, a causa delle attività che svolgono quotidianamente in ambito lavorativo o nel tempo libero:

  • Chi esegue lavori manuali gravosi;
  • Sportivi (soprattutto i bodybuilder);
  • Soggetti che sono esposti a fonti di calore eccessive;
  • Tossicodipendenti.

Come abbiamo esaminato nei paragrafi precedenti, vi è un gran numero di patologie che può favorire il versamento degli enzimi muscolari nel sangue. Per coloro che soffrono delle seguenti malattie ereditarie, il rischio di rabdomiolisi può essere maggiore rispetto agli individui sani:

  • Deficit di carnitina palmitoiltransferasi I e II;
  • Deficit di sottotipi di acil CoA deidrogenasi;
  • Malattia di McArdle;
  • Miopatie mitocondriali;
  • Distrofie muscolare;
  • Deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi;
  • Deficit di mioadenilato deaminasi.

Rabdomiolisi: qual è il legame con la COVID-19?

La rabdomiolisi può sopraggiungere in concomitanza con infezioni batteriche o virali, seppur in rari casi. In letteratura medica sono stati descritti fino a ora diversi casi di rabdomiolisi in pazienti positivi al SARS-CoV-2 ed esistono prove che confermano la correlazione tra il disturbo e la malattia COVID-19 (fonte).

Il disturbo si annovera tra le manifestazioni extrapolmonari dell’infezione da SARS-CoV-2 e, secondo quanto riportato da numerosi studi condotti dal 2020 a oggi, può rappresentare un pericolo anche per pazienti molto giovani. Inoltre si sono osservati casi in cui nei pazienti COVID-19 la sintomatologia della rabdomiolisi compariva ancor prima di quella più strettamente correlata alla malattia (fonte).

Al momento non è nota l’esatta patogenesi della rabdomiolisi nei pazienti COVID-19, tuttavia gli esperti concordano sul fatto che il trattamento tempestivo può favorire la guarigione e ridurre notevolmente il rischio di decesso o invalidità permanente.

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