Le donne medico in Italia sono più degli uomini, ma l’uguaglianza di genere è ancora lontana

In Italia il 50,9% dei medici con meno di 70 anni è donna. Questo quanto emerge dai dati elaborati, come ogni anno in occasione dell’8 marzo, dal Ced della FnomCeo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.

Analizzando i dati per fasce di età di cinque anni, le donne sono la prevalenza in tutte le fasce sino ai 54 anni compresi. Il picco numerico si ha tra i 35 e i 49 anni di età, dove le donne costituiscono il 62% del totale. Tra i 40 e i 44 anni quasi due medici su tre, precisamente il 64%, sono donne.

La femminilizzazione della professione medica tuttavia è una tematica moderna, almeno in Italia. In occasione dell’8 marzo è bene ricordare che fino a cento anni fa le donne non avevano libero accesso alla professione nel nostro Paese.

Le donne medico in Italia: la storia

La prima donna medico laureata in Italia dopo la nascita dello stato unitario è stata Ernestina Paper.

Ernestina Paper (Paper era il cognome del marito), nata ad Odessa e di origine russa ed ebrea, nel 1877 conseguì la laurea in Medicina e chirurgia presso l’Istituto di Studi Superiori Fiorentino. Dopo aver conseguito il titolo, la dottoressa Paper aprì uno studio medico privato a Firenze per la cura delle donne e dei bambini.

Per farsi conoscere Ernestina aveva dovuto pubblicare sulla terza pagina del quotidiano La Nazione un riquadro pubblicitario in cui informava il pubblico di avere aperto uno studio. Le cure della dottoressa Papier furono riservate esclusivamente a donne e bambini. All’epoca si riteneva infatti indecoroso che una donna visitasse un uomo. Nel 1886 la direzione dei telegrafi di Firenze le affidò il compito di effettuare visite mediche periodiche al proprio personale di sesso femminile.

La seconda donna medico italiana fu Maria Farné Velleda. Iscritta alla facoltà di Medicina di Torino nel 1872 discusse la sua tesi di laurea il 18 luglio 1878. La dottoressa Velleda dovette sfidare non poche discriminazioni e pregiudizi per distinguersi in ambito accademico.

E come dimenticare il caso Anna Kuliscioff, che tentò di entrare in un ospedale pubblico ma le fu precluso. Kuliscioff poté esercitare la professione di ginecologa solo nell’ambulatorio medico gratuito aperto a Milano nel 1886.

Le donne medico potevano gestire uno studio privato, ma non lavorare in ambito pubblico e dunque ospedaliero. Le amministrazioni degli ospedali furono a lungo recalcitranti ad ammettere donne nel corpo sanitario.

Bisognerà attendere l’inizio del Novecento perché il mondo ospedaliero si aprisse alle donne. Le pioniere furono Maria Montessori, ammessa nella clinica universitaria di Roma nel 1907, ed Emilia Concornotti, che entrò nel reparto maternità dell’ospedale di Napoli.

Donne medico: una professione in ascesa

Oggi le cose sono diametralmente cambiate rispetto al secolo scorso, e così le prospettive di carriera femminili.

Secondo i dati la femminilizzazione della professione medica diventerà ancora più evidente nei prossimi cinque anni. Stando alle proiezioni avverrà il sorpasso delle donne sul totale dei medici. Questa prospettiva impone, in considerazione della crescente importanza delle professioni sanitarie e di cura legata alla pandemia di Covid-19, nuovi modelli organizzativi e sociali.

Oggi le donne medico con meno di 70 anni, quindi ancora in attività nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, sono più degli uomini: si parla di 169.477 contro 163.515, quindi il 50,9% del totale.

Anche tra gli odontoiatri le donne sono in rapida ascesa, soprattutto nelle fasce d’età più giovani dove si registra una sostanziale parità.

Donne medico e discriminazioni in corsia

L’ascesa delle donne medico in Italia tuttavia non corrisponde alla parità di genere sul piano lavorativo. Sono ancora pochi i ruoli di vertice riservati alle donne e tante le discriminazioni che queste ultime devono subire in ambito lavorativo.

Secondo un sondaggio diffuso in occasione dell’8 marzo, condotto su 1.415 dottoresse dalla Federazione Cimo-Fesmed, l’88% delle professioniste ritiene che le donne medico possano subire discriminazioni sul luogo di lavoro e il 58,4% è consapevole di aver subito un trattamento differente solo perché donna.

Il problema si riscontra anche nel rapporto con i pazienti. Dal sondaggio emerge che il più delle volte:

“l’uomo medico è sempre professore, mentre la donna signorina”.

Un altro problema da non sottovalutare riguarda la questione maternità. Dai dati pubblicati dalla Federazione Cimo-Fesmed emerge infatti che su un campione di 1.415 dottoresse, il 75% delle assenze per maternità non viene coperto (fonte).

Dunque è un dato di fatto: avere figli penalizza il percorso formativo e l’avanzamento di carriera. Secondo quanto riportato dal sondaggio, nonostante l’ascesa delle donne, oggi quello del medico rimane un mestiere per uomini.

Le testimonianze riportate dal sondaggio parlano chiaro:

“Mi è stato rinfacciato più volte di aver scelto di essere madre oltre che chirurgo”.

Il rientro al lavoro dopo la maternità per molte donne medico è stato motivo di mobbing, demansionamento e penalizzazioni di varia natura. Le esperienze raccontate dalle dottoresse nell’ambito del sondaggio sono agghiaccianti e non degne di un paese civile.

Il 62,7% delle dottoresse che hanno risposto al sondaggio avanza la richiesta di “garantire pari opportunità di carriera a uomini e donne”. Un’affermazione che fa riflettere soprattutto in occasione dell’8 marzo, una festa che pone l’accento sulle discriminazioni e le violenze di cui le donne sono state e sono tuttora oggetto in ogni parte del mondo.

Il numero delle donne medico è quindi in ascesa, ma la strada per la parità di genere in ambito lavorativo appare ancora lunga e accidentata.

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