Abbronzatura: 10 falsi miti a cui non credere

Estate per molti è sinonimo di abbronzatura. Prendere il sole apporta innumerevoli benefici all’organismo, permette la produzione di vitamina D e migliora l’umore. Tuttavia un’esposizione eccessiva ai raggi UV può avere degli effetti negativi sulla cute e sull’intero organismo. Non dimentichiamoci che l’esposizione a raggi UV è tra le cause di malattie della pelle e di fatto è raccomandata un’esposizione moderata ai raggi del sole e l’utilizzo delle dovute protezioni.

Di seguito sono riportati 10 falsi miti ancora molto diffusi sull’abbronzatura e i comportamenti da rispettare nel periodo estivo per una tintarella senza rischi per la pelle.

Le creme solari bloccano l’abbronzatura

Le creme solari in commercio oggi offrono “protezione ad ampio spettro“, ossia sia contro i raggi UVB, responsabili di scottature ed eritemi che contro i raggi UVA, principale causa dell’invecchiamento prematuro della pelle. Lo scopo delle creme solari non è quello di impedire l’abbronzatura, quanto quello di filtrare i raggi UV in modo tale da non causare danni alla cute.

Affermare che le creme impediscano alla pelle di abbronzarsi è quindi una credenza senza basi scientifiche, in quanto la crema funge solo da filtro attraverso cui una parte di raggi solari ancora passa e che può garantire il raggiungimento graduale della tintarella.

Questo falso mito è molto datato e risale persino agli anni ’60, epoca nella quale l’uso di protezioni solari non era ancora così diffuso come ai giorni nostri.

Il valore di SPF della crema corrisponde al tempo di esposizione senza rischi

Il valore dell’SPF (“sun protection factor”), il fattore di protezione solare indicato sulle creme in commercio, ci indica il potere filtrante della crema utilizzata contro i raggi solari e non il tempo che si può permanere al sole senza rischi.  Un solare con un SPF di 50 permette solo a 1/50 dei raggi solari di raggiungere la pelle; un solare con SPF 20, a 1/20 dei raggi solari. Più l’SPF è alto quindi più la protezione sarà alta, tuttavia persone con fototipi differenti richiedono creme a protezione diverse per proteggersi adeguatamente.

Per calcolare il tempo massimo di protezione di una crema solare in minuti è necessario moltiplicare il valore dell’SPF al tempo di autoprotezione della pelle, che dipende dal fototipo.

Fototipo 1

  • Carnagione molto chiara
  • Occhi chiari
  • Capelli biondi o rossi
  • Tempo di autoprotezione: max. 10 minuti

Fototipo 2

  • Carnagione chiara
  • Occhi chiari
  • Capelli chiari
  • Tempo di autoprotezione: max. 20 minuti

Fototipo 3

  • Carnagione bruno-chiara
  • Occhi chiari o scuri
  • Capelli castani
  • Tempo di autoprotezione: max. 30 minuti

Fototipo 4

  • Carnagione bruna
  • Occhi scuri
  • Capelli scuri
  • Tempo di autoprotezione: max. 45 minuti

Fototipo 5

  • Carnagione scura
  • Occhi scuri
  • Capelli neri
  • Tempo di autoprotezione: max. 60 minuti

Fototipo 6

  • Carnagione nera
  • Occhi scuri
  • Capelli neri
  • Tempo di autoprotezione: max. 90 minuti

(Fonte)

Indossare una maglietta protegge dal sole

Spesso si pensa che gli indumenti come magliette o canottiere possano impedire l’abbronzatura e proteggere totalmente dai raggi UV. In realtà si tratta di una credenza errata. Sebbene indossare un capo d’abbigliamento asciutto possa ridurre l’azione dei raggi UV, questo non basta ad assicurare la completa protezione, in quanto i raggi penetrano anche i tessuti.

Se poi il capo d’abbigliamento indossato dovesse essere bagnato, quella poca protezione che fornisce finirebbe per scendere ulteriormente.

Fare una lampada o passare autoabbronzante prima delle vacanze aiuta a proteggere la pelle

I raggi del solarium hanno una maggiore proporzione di raggi UVA, in modo da evitare le scottature prodotte dagli UVB.

Pur permettendo di scurire la pelle in pochi minuti, non stimolano la capacità di autoprotezione della cute, indotta dagli UVB. Gli UVA, infatti, che penetrano più in profondità nella pelle rispetto agli UVB, causano solo l’ossidazione della melanina già presente nella pelle senza stimolare i melanociti alla sintesi di nuova melanina (melanogenesi). In questo modo si otterrà un’abbronzatura veloce, ma di breve durata.

Neanche l’autoabbronzante fornisce una protezione all’esposizione al sole. Il colore ottenuto infatti non è dovuto al processo normale di abbronzatura e di stimolazione della melanina, ma deriva da una reazione chimica tra il diidrossiacetone (DHA) contenuto e le proteine dello strato corneo della pelle. Il diidrossiacetone (così come l’eritrulosio che si usa in alternativa nelle formulazioni più recenti) è uno zucchero riducente che deriva dalla fermentazione glicerica della barbabietola da zucchero o canna da zucchero che, a contatto con le proteine della pelle, dà il via a una reazione chimica (reazione di Maillard) che porta alla colorazione brunastra-arancione. Essendo lo strato più esterno della pelle a colorarsi, l’autoabbronzatura sbiadisce con i lavaggi e si decolora in qualche giorno con l’esfoliazione della pelle. Si tratta quindi di una colorazione fittizia, che non conferisce protezione alla pelle dai raggi solari: andrà quindi utilizzata una crema adeguata al fototipo normale della persona.

Il solarium non danneggia la pelle di più di un’esposizione al sole naturale

Che le due esposizioni siano almeno differenti dovrebbe già suggerircelo il fatto che con pochi minuti di lampada si esca con la pelle arrossata rispetto allo stesso tempo al sole alle nostre latitudini. L’ AIDECO (Associazione Italiana Dermatologia e Cosmetologia) segnalava come la potenza delle lampade abbronzanti sia tale che 20 minuti di seduta in un solarium corrisponde a un’esposizione di 20 minuti al sole di mezzogiorno all’Equatore. Ricordiamo che sono i raggi UVA a causare invecchiamento precoce della pelle e aumentare il rischio di cancro alla pelle. La loro maggiore proporzione nei raggi della lampada rispetto al sole crea maggior rischio rispetto allo stesso tempo di esposizione.

A questo aggiungiamo che in pochi si sognano di mettere una protezione solare quando si sottopongono a una seduta di lampada (per non rischiare di bloccare il processo di abbronzatura), mettendo ancora più a rischio la pelle rispetto a un’esposizione naturale.

Prendere il sole senza protezioni fa guarire dall’acne

Questo falso mito presenta un piccolo fondo di verità. Infatti l’esposizione ai raggi solari (a maggior ragione se in assenza di protezioni) può temporaneamente inibire le ghiandole sebacee, causando quindi la mitigazione dell’acne. Inoltre l’abbronzatura può “mimetizzare” il rossore dei brufoli, creando un miglioramento visivo dello stato della pelle.

Tuttavia questo effetto è transitorio e l’acne torna a manifestarsi e in alcuni casi può anche peggiorare a causa dell’induzione di infiammazione e ispessimento dello strato corneo. Di conseguenza, prendere il sole senza crema non risolve il problema in via definitiva, può addirittura peggiorarlo e  mette a rischio dei danni dai raggi UV.

In caso di acne, utilizzare quindi la crema solare con fattore di protezione adeguato al fototipo, facendo attenzione a scegliere una crema non comedogenica, in modo da non ostruire i pori della pelle e non peggiorare il problema acneico.

Chi sta in acqua non si deve proteggere dai raggi UV

Un falso mito ancora molto in voga vede l’azione dei raggi UV indebolita dall’acqua marina. Ovviamente stare in acqua per molto tempo non solo non impedisce alla pelle di abbronzarsi, ma in alcuni casi può addirittura rappresentare un fattore di rischio aggiuntivo.

Quando si nuota si lasciano scoperte zone del corpo quali capo, spalle e collo, che sono tra le più interessate da scottature ed eritemi, ancor più perché il potere riflettente dell’acqua intensifica i raggi che li colpiscono. Come se non bastasse, i raggi del sole riescono a penetrare la superficie dell’acqua. Alla luce di ciò, è sempre bene spalmarsi la protezione solare anche poco prima di un bagno, con particolare riguardo nei confronti di viso, collo e spalle.

Se sto sotto l’ombrellone o se ci sono le nuvole, non serve mettere la crema

L’ombrellone non protegge totalmente dal sole e nemmeno le nuvole. I raggi ultravioletti vengono riflessi dall’acqua della piscina o del mare di fronte a noi o dalla sabbia, mettendoci a rischio scottature anche se siamo all’ombra sotto l’ombrellone. Attenzione soprattutto ai bambini (ancor più se sotto l’anno d’età) mantenuti sotto l’ombrellone, anche nelle ore più calde del giorno: sono a rischio di eritemi e scottature. Nel loro caso, l’unica soluzione è portarli in un luogo fresco e non tenerli in spiaggia: coprire culle e passeggini con teli li mette a rischio del più temuto colpo di calore che può causare conseguenze anche fatali.

Anche le nuvole forniscono solo un filtro ai raggi solari, ma non una protezione totale (altrimenti ci sarebbe buio completo). Questo significa che anche con cielo nuvoloso e coperto è necessario proteggere la pelle di grandi e piccini.

Se la crema è resistente all’acqua, non serve rimetterla dopo il bagno

Si crede che le creme resistenti all’acqua ci permettano di fare lunghi bagni al mare o in piscina e stenderci per ore a prendere il sole senza dover riapplicare la crema, ma non è così. Le creme solari ottengono l’etichetta “Water Resistant” (resistenti all’acqua) se mantengono più del 50% del loro SPF dopo due bagni di circa 20 minuti ciascuno. Significa che una crema SPF 50 dopo il bagno potrebbe dare la stessa protezione di una crema magari 30 SPF e non più 50. Considerando che spesso i bagni si prolungano anche di più o che magari ci si è mossi molto, nuotando o giocando a qualche sport in acqua,  è davvero importante una volta asciugati riapplicare la crema per non incorrere in scottature.

Per un’abbronzatura perfetta bisogna prima scottarsi

Se vi è stato detto che per abbronzarsi meglio bisogna prima scottarsi, vi siete trovati davanti l’ennesimo falso mito. Il rosso che vediamo sulla pelle scottata non è un preludio di abbronzatura, ma un segnale di infiammazione. Le scottature dovute a un’esposizione prolungata ai raggi UV sono un segnale d’allarme da non trascurare e possono essere la prova che la crema da voi utilizzata non presenta una protezione ottimale o che non l’abbiate spalmata adeguatamente o a sufficienza.

Inoltre le scottature in vaste parti del corpo o un irraggiamento troppo forte su testa e nuca potrebbero anche portare a episodi di insolazione. Ricordate pertanto che una buona abbronzatura non è subordinata alla comparsa di scottature, anzi andrebbero evitate per non “spellarsi” e far durare la tintarella più a lungo.

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